* L'articolo che qui si propone è apparso su <Rassegna degli Archivi di Stato>, LVI (1996), pp. 411-417.
(1) Il termine usato sintetizza da una parte l'importanza fondamentale di questa opera, dall'altra sottolinea il rapporto di interdipendenza che intercorre tra la Guida generale, strumento di secondo livello in cui predominano gli elementi informativi rispetto a quelli identificativi, e i mezzi di corredo interni ai singoli Archivi di Stato, strumenti di primo livello in cui, al contrario, sono predominanti gli elementi identificativi che consentono l'immediato accesso ai fondi in quanto speculari alla loro concreta configurazione. Una delle accuse più ricorrenti mosse alla Guida generale è stata quella di essere una costruzione «virtuale» sganciata dalla valenza fisica dei fondi e pertanto di difficile uso. Questa accusa potrebbe avere una sua validità ove i redattori responsabili della stesura delle singole voci non avessero ottemperato ad una precisa disposizione contenuta nella circolare sulle norme per la redazione della Guida generale che prevedeva strumenti di raccordo tra le descrizioni dei fondi elaborate per la Guida generale e il reale assetto delle carte: «(...) ogni Archivio disporrà, quale dotazione permanente, di uno schedario generale dei fondi. Le schede, redatte in tre copie, saranno ordinate in tre modi diversi: il primo, per soddisfare alle esigenze della guida, seguirà l'ordine di successione storica; il secondo seguirà l'ordine topografico, locale per locale, scaffale per scaffale, rispecchiando la materiale collocazione delle carte: questo schedario agevolerà le ricerche in loco e permetterà rapidi e sistematici controlli delle carte. Il terzo schedario infine avrà le schede collocate in ordine alfabetico dei fondi (...) il triplice schedario (...) non avrà solo carattere interno, ma, posto nelle sale di studio, sarà altresì utile agli studiosi per un primo orientamento». (Cfr. P D'ANGIOLINI - C. PAVONE, La Guida generale degli Archivi di Stato italiani: un esperienza in corso, in «Rassegna degli Archivi di Stato», XXXII, 1972, p. 302). In realtà questo schedario generale dei fondi, che la redazione centrale prevedeva potesse essere impiantato dagli istituti servendosi degli Schedoni utilizzati in fase di censimento schedatura del materiale documentario, poteva essere redatto solo dopo l'elaborazione della Guida, quando cioè ultimato il lungo, paziente ed accurato lavoro di censimento e di studio della documentazione, gli schedoni potevano essere ricomposti, quali tessere di un mosaico, in quanto si era arrivati alla piena comprensione di una realtà documentaria altrimenti frammentata e dispersa. Per esperienza personale posso affermare che risultava inoltre molto importante agganciare saldamente le descrizioni date in Guida non solo alla configurazione fisica del materiale, ma anche e direi soprattutto, ai mezzi di corredo esistenti L'estrema complessità della situazione archivistica pistoiese - vera e propria matassa ingarbugliata che solo dopo anni di studio ero riuscita a districare - mi consigliava infatti di redigere parallelamente alla Guida a stampa una versione ad uso interno per la sala di studio che fungesse da mappa cognitiva dell'esistente e consentisse il rapido rinvenimento della documentazione descritta in Guida tramite l'indicazione dei codici di riferimento atti ad identificarla: segnatura dello strumento inventariale e - ove lo stesso strumento si riferisse a più fondi - indicazione delle relative pagine: nel caso, abbastanza frequente, di serie e spezzoni di serie descritte in inventari diversi ma che chiaramente erano da attribuirsi allo stesso fondo, alla indicazione della segnatura dell'inventario faceva seguito quella dei numeri di catena delle unità comprese nelle rispettive serie. Per la documentazione censita e descritta in Guida che risultasse però priva di qualsiasi strumento di corredo l'indicazione era riferita alla ubicazione e collocazione fisica dei pezzi: sala, scaffale, palchetto.
(2) Cfr. L CORTI, Beni culturali: standards di rappresentazione, descrizione e vocabolario, Modena, Panini, 1992. per la distinzione che viene fatta tra standard di rappresentazione (Data Structure Standards, pp. 25-153) standard di descrizione (Data Content Standards, pp. 79-188) e standard di contenuto (Data Value Standards, pp 191-226)
(3) L'ordine alfabetico - e non storico secondo la struttura degli antichi Stati preunitari - è stato disatteso in due casi: per l'Archivio centrate dello Stato che è stato collocato in testa a tutti gli altri pur avendo sede a Roma e per le Sezioni di Archivio di Stato poste sotto l'Archivio di Stato del capoluogo da cui dipendono amministrativamente.
(4) Cfr. P. D ANGIOLINI - C. PAVONE, Introduzione, in Guida generale degli Archivi di Stato italiani, Roma, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1981, p. 16; cfr. degli stessi, la Guida generale degli Archivi di Stato italiani: un'esperienza in corso ... cit., p. 297
(5) Cfr. A. ALLOCATI, La Guida generale degli Archivi di Stato italiani, in «Clio», XXIII ( 1987), 2, p. 301: «Nella prospettiva storiografica, nella quale la storia politica perde il primato della storia accanto alle altre storie, a mio parere una guida dei fondi archivistici, più che delle scansioni storiche fissate su particolari avvenimenti eminenti del passato di natura politico, dovrebbe seguire la scansione delle vicende degli istituti, dei quali le carte sono la documentazione, se non proprio le vicende degli stessi fondi (...)»; p. 302: «(...) non è stata felice la scelta di ingabbiare i fondi nella camicia di Nesso di una periodizzazione strutturata sulla falsariga dei grandi avvenimenti politici (...)».
(6) Cfr. E. LODOLINI, La Guida generale degli Archivi di Stato italiani: una questione di metodologia archivistica, in «Nuovi Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari delI' Università La Sapienza di Roma», Vl (1992), p. 23: «Una metodologia che ci sembra assolutamente da respingere è l'uniformità, volutamente adottata dalla Guida generale e su cui l'intera opera dichiaratamente si basa, nella descrizione di strutture difformi ( ..)»; p. 24: «Siamo pericolosamente vicini al concetto settecentesco di 'facilitare le ricerche' (riecheggiante addirittura con la stessa formula nella già citata affermazione di D'Angiolini e Pavone circa la 'facile accessibilità al ricercatore'), che provocò nel Settecento e nella prima metà dell'Ottocento (e purtroppo in taluni casi anche in epoche più recenti) l'ordinamento per materia e tanti irreparabili guasti agli archivi: una Guida vista esclusivamente in funzione degli 'studiosi' cioè degli utenti degli Archivi, ai quali si vuole offrire una 'informazione', resa artificiosamente 'omogenea', di cose che omogenee non sono».
(7)
Sulla importanza di collegare la descrizione dei fondi al loro contesto di produzione
insiste anche la recente normativa ISAD (G): cfr. la traduzione italiana del General
International Standard Archival Description, in «Rassegna degli Archivi di
Stato», LV (1995), p. 403, paragrafo 3.2: Area delle informazioni sul contesto.
3.2.1: Denominazione del soggetto produttore. Scopo: identificare il soggetto (o i
soggetti) produttori dell'unità di descrizione. Regola: Se questa informazione non
compare nella denominazione dell'unità di descrizione, indicare il nome dell'organismo (o
degli organismi) o della persona (o delle persone) che ne è il soggetto/i produttore/i.
Precedentemente, a p. 400, nel paragrafo 3.1.2.: Denominazione o titolo [dell'unità di
descrizione], era stato detto che in mancanza di un titolo originale si doveva «(...)
A livello di fondo, includere la denominazione del soggetto produttore. Ai livelli
inferiori includere, ad esempio, la denominazione del soggetto produttore, un termine che
indichi la tipologia della documentazione che costituisce l'unità di descrizione e, se
risulta opportuno, una locuzione che faccia riferimento alla funzione, all'attività,
alla localizzazione geografica, all'oggetto o all'argomento».
La validità del principio di provenienza, canone archivistico concordemente riconosciuto
a livello internazionale quale principio guida nella descrizione archivistica, viene così
sintetizzata felicemente dal Brenneke :"( ..)Il principio della provenienza ha così
dimostrato la propria inesauribile fecondità nella sua triplice funzione di: 1. principio
di ordinamento; 2. principio organizzativo per gli archivi: 3. principio di ricerca
storica». Egli scriveva ancora: «(...) per attuare l ordinamento conforme alla
provenienza ci immergiamo nei fondi e cerchiamo di conoscere il divenire e il
funzionamento degli uffici, ci accorgiamo che il principio della provenienza è più che
un semplice autosufficiente principio di ordinamento di interesse puramente antiquariale,
e che con esso nasce invece una nuova concezione scientifica: la struttura dell'Archivio di
Stato o di quello civico diventa ora l'espressione della costituzione e della storia dello
Stato o della comunità cittadina, con tutte le loro istituzioni. Mentre il principio della
provenienza è diventato norma determinante anche per la organizzazione degli archivi,
cioè per la reciproca determinazione della loro competenza, viene ad annettersi alla
storia archivistica, quale storia delle forme organizzative degli archivi, una nuova
importanza per la storia della costituzione e della amministrazione e per la storia
generale del paese; (...) il principio della provenienza si estende a principio di ricerca
che assume una rilevante importanza per la scienza delle fonti storiche. Quando appunto le
fonti sono molto disperse, il principio della provenienza offre al ricercatore l'unica
strada possibile per rintracciarle (...)». Cfr. A. BRENNEKE, Arkivkunde: ein Beitrag
zur Geschichte und Theorie des europäischen Archivwesens, Leipzig 1953, trad. it. di Renato
Perrella, Archivistica: contributo alla teoria ed alla storia archivistica europea, Milano
1968, pp 114-115 (Archivio della Fondazione italiana per la storia amministrativa, 6).
(8)P . D ANGIOLINI - C. PAVONE, La Guida generale deg1i Archivi di
Stato italiani: un' esperienza in corso... cit., pp. 292-293.
(9) P . D ANGIOLINI - C. PAVONE, Introduzione... cit., p. 31: «(...) L'integrità e continuità delle serie, questo canone cardine della 'dottrina archivistica' soprattutto come è intesa in Italia, significa, ad esempio, sul piano storiografico (si pensi soprattutto alla storia quantitativa e a quella 'seriale'), una prima garanzia di omogeneità e di comparabilità dei dati (...). La Guida riconducendo, fin dove è possibile, il documento alla magistratura nel cui ambito esso nacque - o, se si preferisce, al soggetto che lo produsse - si limita da una parte a offrire una chiave di ricerca, dall'altra ad agevolare la interpretazione della sua genesi (...)». Cfr. inoltre P.CARUCCI, Conservazione delle fonti e ricerca storica, in «Le carte e la storia», II (1996), I, p. 17: «Il ricercatore può fare un uso corretto dei documenti esistenti solo se è possibile ricondurli al soggetto produttore: i documenti infatti sono essi stessi una interpretazione della realtà e pertanto il valore delle informazioni in essi contenute dipende dalla possibilità di analizzarle nel contesto del processo della loro formazione (...)"; p. 19: "(...) Ribadire la rilevanza del principio di provenienza e individuare nell'identificazione del soggetto produttore la chiave primaria di accesso alle fonti (...) rientra nella consapevolezza del rapporto che intercorre tra i criteri di ordinamento e di descrizione delle fonti e la ricerca storica. Rapporto che assume una rilevanza specifica se consideriamo più in particolare la ricerca nell'ambito della storia dell'amministrazione (...). La ricostruzione dell'articolazione originaria delle serie, di quella risalente a una organizzazione significativa dell'archivio, operata per finalità amministrative, consente di cogliere i nessi che collegano i documenti afferenti allo stesso procedimento, pur se distribuiti in serie distinte, formate secondo contingenti criteri di funzionalità o in conseguenza di disposizioni che incidono sulla forma e sulle procedure: partendo dalla prassi amministrativa, si analizza lo scarto tra norma e prassi e si individua talora l'esistenza di provvedimenti di carattere interno non recuperabili altrimenti». Sull'importanza che assume per lo storico delle istituzioni l'indagine sui modi in cui l'ente ordina e organizza la propria memoria insiste anche Guido Melis: «(...) L'archivio dell'istituzione pubblica offre allo storico delle istituzioni qualcosa di più che non un deposito di informazioni strumentale al lavoro di ricostruzione storiografica. Sin nella sua strutturazione (il modo stesso della sua organizzazione, la tipologia dei suoi documenti e le regole della conservazione), l'archivio costituisce lo specchio dei rapporti di potere interni all'istituzione, la testimonianza diretta del funzionamento dell'apparato istituzionale. L'archivio stesso e la sua articolazione possono dunque essere oggetto della ricerca. L'attenzione che il mondo degli archivi mostra all'indagine storico-istituzionale (un'indagine intimamente connessa all'attività stessa dell'ordinamento delle carte) non è dunque casuale». Cfr. G. MELIS, Presentazione della rivista «Le carte e la storia», I ( 1995), 1, p.8.
(10)
Riassumo brevemente alcune riflessioni maturate sul concetto di serie esposte nella
relazione L'indicizzazione per soggetto e i principi della descrizione archivistica per la
scuola italiana(in Gli standard per la descrizione degli archivi europei. Esperienze e
proposte. Atti del seminario Intemazionale San Miniato 31 agosto-2 settembre 1994, Roma
Ufficio centrale per i beni archivistici, 1996, Saggi, 40, pp 133-134). Il termine serie -
al pari dei termini unità archivistica, fondo, archivio - è per definizione estremamente
ambiguo in quanto lo stesso vocabolo è usato per esprimere realtà diversificate. Come si
evince da una rassegna delle diverse definizioni che del vocabolo vengono date, il termine
può connotare tanto le modalità di disposizione dei documenti all'interno delle unità
archivistiche quanto le modalità di aggregazione delle unità archivistiche all'interno
del fondo. Il termine unità archivistica è qui usato nell'accezione di unità di
condizionamento e non nell'accezione di unità di descrizione (come è noto l'unità di
condizionamento può coincidere o meno con l'unità di descrizione)
Nella prima accezione del termine serie entra in gioco la struttura interna delle unità
di condizionamento. Il modo in cui i documenti sono stati riuniti al momento della
produzione e dell'archiviazione costituisce un aspetto rilevante del concetto di serie e,
conseguentemente, dei criteri di descrizione delle unità archivistiche. Le ipotesi
possibili sono due: a) «disposizione seriale»: sistema di archiviazione che
prevede la disposizione in ordine cronologico di atti uguali nella forma e che
corrispondono a specifiche tipologie documentarie: serie di decreti, serie di lettere
missive, serie di lettere responsive, serie di terminazioni di confini ecc. Le modalità
di condizionamento possono essere il registro, il volume e la filza. Come è noto, nel caso
della filza e, in minor misura, nel caso del volume, l'organicità strutturale può
mancare in quanto possono trovarsi rilegate o infilzate configurazioni seriali
differenziate anche se riconducibili ad uno stesso tipo di attività istituzionale; b)
«disposizione degli atti a fascicolo»: sistema di archiviazione che prevede la
riunione di atti dissimili nella forma ma riuniti insieme poiché si rapportano a un
determinato affare, pratica, oggetto. I fascicoli possono essere stati costituiti su base
più o meno empirica o - a partire dalla fine del '700 - sulla base di un quadro di
classificazione. Il sistema di classificazione può riprodurre fedelmente il titolario
ufficiale che tiene conto delle funzioni normalmente affidate all'ente da leggi e
regolamenti; come può tener conto dell'attività effettivamente espletata dall'ente che
adatta alle sue esigenze il titolario stesso. La notata frequente formazione empirica di
serie al di fuori del sistema ufficiale del titolario ne costituisce evidente riprova. Le
modalità di condizionamento possono essere cartelle, buste, pacchi, fasci eccetera.
Nella seconda accezione del termine serie entra in gioco l'assetto organizzativo
dell'archivio, i livelli di articolazione dello stesso, determinati dalle modalità di
aggregazione delle unità archivistiche. I nessi di collegamento che determinano le serie
possono ispirarsi ad una molteplicità di situazioni: dai raggruppamenti empirici, secondo
criteri tematici. geografici, alfabetici, cronologici, ai raggruppamenti che riflettono la
struttura organizzativa dell' ente produttore oppure si relazionano a funzioni, attività,
competenze ben precise dello stesso, determinando livelli organizzativi sia superiori -
raggruppamenti di serie - sia inferiori - sottoserie. La serie potrà arrivare a
coincidere cosi con la prima partizione interna di un archivio, come con eventuali
sottopartizioni dello stesso. Sul carattere prevalentemente pragmatico dato, in sede di
Guida generale al termine serie come ai termini archivio, fondo e sui livelli descrittivi
rapportati alla estrema varietà delle situazioni esistenti, cfr. P . D ANGIOLINI - C.
PAVONE,Introduzione... cit., pp. 11 e 24.
(11)
Non posso che far mia quest' affermazione espressa dalla collega Isabella Massabò Ricci
durante uno dei nostri incontri per l'impostazione della voce Torino. Anche io ho amato la
Guida, ho creduto fermamente nella validità e nell'importanza di questo progetto che ho
vissuto come una vera e propria sfida, se si pensa a quale era la realtà operativa dei
nostri istituti una trentina di anni fa, e sono fiera di aver contribuito alla sua
realizzazione lavorandovi prima in periferia, quale responsabile dell'Archivio di stato di
Pistoia e della dipendente Sezione di Pescia, poi a Roma, quale componente del comitato di
redazione.